SENZA TITOLO 2019

È la notte vuota dell’errore, ma sul fondo di questa prima oscurità uno splendore, un falso splendore sta per nascere: quello delle immagini. Michel Foucault

Sarà stato il lento susseguirsi del tempo, le lacrime dei contadini perse nella pioggia, i torridi soli o le violente carezze del vento a dare un carattere atavico a questa amorfa pietra leccese che, priva di particolare avvenenza, si mostra alla vista come una rovina del tempo. L’immagine della Menade danzante raffigurata da Scopas (330 a.C.) è posta in parallelo all’informe pietra che, influenzata da questa vicinanza, si manifesta in tutto il suo splendore. Ciò che sembrava inanimato adesso tenta di imitare le movenze della fanciulla, di seguirla nella celebrazione del suo Dio Dionisio, mentre estaticamente libera tutto il suo sconvolgimento interiore e, gioente di delirio, si perde in una folle danza. Se, per Aristotele, l’imitazione della tragedia attraverso la mimesi costituisce l’essenza della catarsi, ritroviamo nel rapporto di dipendenza tra questi due elementi l’influsso che le dominazioni greche hanno esercitato sul territorio salentino e come lo stesso abbia risposto assorbendo il mito ma, allo stesso tempo, creando un dispositivo simbolico del tutto autonomo: il Tarantismo. Possiamo trovare svariate similitudini nell’energia progettuale che si sviluppa nel mito delle Baccanti e nel Tarantismo; in entrambi i casi sembra ci sia la stessa metodologia ritualistica, ma con impianti simbolici del tutto differenti. Per le Baccanti l’iniziazione del processo catartico dipendeva direttamente dall’influenza dello stesso Dioniso il quale, depositando il germe della follia, rendeva queste donne delle invasate, prive di controllo e capaci di gesta disumane, in cui il sacrificio diventava culmine parossistico e fine del rituale. Così, nel tarantismo iniziatico è il morso della taranta che, con il suo veleno, induceva le tarantate a dare libero sfogo a pulsioni inconsce segnate dall’amarezza del quotidiano. La taranta, infatti, “per assolvere la sua funzione di simbolo, deve evocare e configurare, far rivivere e far defluire le oscure sollecitazioni dell’inconscio che rischiano di sommergere la coscienza con la loro cifrata indomabilità”[1] ed è così che “la bestia si libera, sfugge al mondo della leggenda e dell’illustrazione morale per acquistare un che di fantastico che le è proprio. E con un sorprendente rovesciamento è ora l’animale ad attendere l’uomo al varco, a impadronirsi di lui e a rivelarlo alla sua propria verità”[2], per cui la risoluzione dei conflitti psichici poteva avvenire  solo con l’uccisione della bestia, bisognava ammazzare la taranta, schiacciare la parte più buia dell’Io. Nel mostrare la propria vulnerabilità vi è una dissoluzione dell’individuo attraverso l’immaginazione; il delinearsi del delirio sembra inevitabilmente legato al raggiungimento di un’immagine grandiosa, mostruosa, ereditaria, il monstrum mitico generato da un pensiero primitivo, arcaico, un archetipo in cui si rispecchiano buio e luce, l’inconscio collettivo si configura come sedimento della coscienza i cui contenuti sono esperienza stessa, poiché non deve la sua esistenza all’esperienza personale sono “forme determinate che sembrano presenti sempre e comunque” [3]  immagini del mondo che si sono formate nel corso dei secoli. Forse c’è qualcosa oltre l’immagine che la Menade, le tarantate e chiunque altro hanno cercato e cercano costantemente di raggiungere, forse l’unico modo per arrivare alla vera narrazione che sorregge l’immagine e servirsi dell’insensatezza della follia, perché, in fondo, “Il delirio è il sogno delle persone sveglie”[4].


[1] Ernesto De Martino, La terra del rimorso pag. 82 [2] M. Foucault, Storia della follia nell’età classica, trad.  esso. di F. Ferrucci, Milano 2012, pag. 81-82. [3]  Carl Gustav Jung, Gli archetipi dell’inconscio collettivo pag. 70 [4] A. Pitcairn, citato da F. Boissier de Sauvages,  Nosologie méthodique, cit., t. VII, pp.33 e 301; Cfr. Kant Antropologia

TARANTISMO: ODYSSEY OF AN ITALIAN RITUAL, Flee project ISBN 9782956967705

SENZA TITOLO 2019 installazione, pietra leccese, fotografia su magnete, libro, ferro. Courtesy Flee project